La
sensibilità
artistica
è
una
qualità
indeterminata
dell'individuo,
che
secondo
le
circostanze
le
dà
corpo
in
una
forma specifica.
Può
rimanere
nell'artista
una
pluralità
di
scelte,
come
dire
una
vocazione
verso
più
di
uno
sbocco
espressivo;
ma
quello
che
egli
vuol
dire
e
intende
dire
è
sempre
la
medesima
cosa:
egli
cioè
individua
un
suo
simbolo
e
attorno
a
quello
si
esercita,
inventa, produce.
Mario
Cei
condensa
nella
figura
umana,
intesa
come
immagine
e
persona
(anche,
appunto,
essendo
egli
attore,
"persona
tragica"),
la
sua
idea
della
vita
e
la
sua
volontà
di
sublimazione
del
reale;
il
corpo
che,
come
attore,
egli
piega
all'espressione,
ricompare
nei
suoi
dipinti
e
disegni
quale
tramite
e
sintesi
della
sua
interpretazione
-
e
ossessione
-
del
senso dell'esistere.
In
queste
opere
a
china
e
matita
il
tratto
appare
delicato
e
forte,
come
un
sapiente
vibrare
di
voce,
il
gesto
delle
figure
concentrato
e
simbolico,
così
come
avviene
nella
rappresentazione teatrale.
Egli
sceglie
modelli
dell'antichità
classica,
ma
appunto
quelli
desunti
dalla
tragedia,
non
dalla
storia,
carichi
di
tutti
i
significati,
che
la
cultura
dei
millenni
vi
ha
individuato,
eppure
nitidi di una loro incorruttibile bellezza.
Li
interpreta
attraverso
un
segno,
insieme
enfatizzato
in
iperboli
anatomiche
ma
soffuso
di
interiore
delicatezza,
che
conosce
tutta
la
reinvenzione
del
mito
greco
attuata
dai
romantici
prima,
dai
simbolisti
poi,
sin
dentro
alla
macerazione intellettuale dei secessionisti.
Nasce
un'opera
insieme
torbida
e
pura,
declamata
e
afasica;
che
si
colloca
con
libera
intelligenza
nel
filone
attuale
della
rivisitazione.
Rossana Bossaglia, 1990
per
l'esposizione
"Animula
Vagula"
-
Bottega
dei
sogni,
Milano
Copyright © 2010-2024 Tutti i diritti riservati